Abstracts
Paolo Emilio Antognoli, independent scholar, Frankfurt am Main
Garboli, Penna, Marcucci
Alla metà degli anni ottanta, Cesare Garboli (1928-2004), in un suo scritto, avvicina il pittore Mario Marcucci (1910-1992) a Sandro Penna (1906-1977). È allora in preparazione una doppia mostra di Marcucci a Milano, con il contributo di Alberto Moravia, Manlio Cancogni e di altri sostenitori dell’artista (poi stroncata in modo molto dubbio da Vittorio Sgarbi). Il 1985. Nell’aprile di quell’anno Garboli interviene al convegno di Prato su Penna – poi incluso in una riedizione dei Penna Papers. E qualche anno dopo ritorna sull’argomento nella sua Fortuna di Marcucci, confermando quell’accostamento tra Marcucci e Penna. Garboli a questa data ha già pubblicato i suoi maggiori scritti su Penna – la prima edizione dei Penna Papers è del 1984. Tuttavia, negli anni novanta, quando ritorna su Penna, nel suo Passepartout Mondadori Penna Montale e il desiderio, del 1996, Garboli non fa alcun accenno a Marcucci. Palinodia o semplice anomalia? Se guardiamo alla imminente edizione Garzanti delle Poesie di Penna, curate da Garboli nel 1997, esse recano in copertina un dipinto su carta gialla di Marcucci. Inoltre, nel suo Passepartout entra in gioco un terzo personaggio, con il quale non solo Penna ma anche Marcucci, e altri, hanno intrattenuto relazioni molto importanti… Il contributo che qui vorrei sottoporre, partendo dal testo di Garboli e attraverso confronti incrociati fra Garboli, Penna e Marcucci (più altri illustri personaggi fra cui Montale), mira a definire con più esattezza il contributo di Garboli alla letteratura critica sia su Penna che Marcucci, sia alla luce del nuovo «Meridiano» e degli scritti più recenti, sia da questo punto di vista trasversale dei rapporti tra arti e letteratura.
Claudia Antonini, Columbia University, New York
Penna, Bellezza e Valduga
Il mio intervento si propone di riflettere sulla presenza di Penna nei versi di due autori centrali nel panorama poetico italiano a lui successivo: Dario Bellezza e Patrizia Valduga. L’accostamento Penna-Bellezza sarebbe di per sé tutt’altro che nuovo. Nella sua introduzione al volume che raccoglie Tutte le poesie di Bellezza, infatti, Roberto Deidier ha giustamente puntualizzato che il nome di Penna è stato invocato non di rado in relazione all’opera del poeta romano – e troppo spesso in modo superficiale. Il rapporto esistente tra i due autori, in effetti, non può essere pensato nei semplici termini (ancora con le parole di Deidier) di una «diretta linea di discendenza». Proprio per questo, ritengo che possa essere utile tentare di riflettere in modo più approfondito sulle sfumature e sulle implicazioni della presenza penniana nei versi di Bellezza. Per quanto riguarda Patrizia Valduga, invece, il nome di Penna – a quanto mi risulta – non è ancora mai stato fatto. Tuttavia, all’interno della valdughiana Tentazione vanno registrate almeno tre fugaci citazioni penniane. Il materiale è, sì, quantitativamente esiguo, ma appare meritevole di attenzione – tanto più nella misura in cui effettivamente Penna può rappresentare una figura d’interesse in relazione ai temi cari all’autrice. Giustapponendo il case study della Tentazione alla riflessione su Bellezza, intendo confrontare i caratteri di due diverse esperienze di riappropriazione dell’eredità penniana.
Gandolfo Cascio, Universiteit Utrecht
Una richiesta d’amore: Natalia Ginzburg lettrice di Sandro Penna
Sandro Penna è stato un poeta tenuto in gran considerazione da altri scrittori: Saba e Montale, Pasolini e Giuliani, Morante e Pecora, Spaziani e Raboni ecc. Del poeta perugino sono stati lettori e biografo, critici e ammiratori. Nella storia della ricezione inter scriptores un ruolo finora poco vagliato – probabilmente perché, in apparenza, dimesso – è quello svolto da Natalia Ginzburg che, come editor lo raccomandò per delle traduzioni, lo incoraggiò a pubblicare e che su di lui scrisse dei saggi di particolare acutezza. In questa relazione si proverà a illustrare proprio questo lavoro critico con l’intento di comprendere meglio sia l’uno sia l’altra.
Roberto Deidier, Università di Enna ‘Kore’
Al cinema con Sandro Penna
Non sono rare, e a dire il vero piuttosto variegate, le frequentazioni cinematografiche di Sandro Penna, a riprova di una presenza costante – almeno fino all’inizio della lunga reclusione dei suoi anni più tardi – e di un interesse concreto, che indubbiamente gettano una nuova luce anche sulle sue scritture e sulle loro motivazioni di poetica. La «Mecca» di alcuni suoi versi è proprio il cinema, con implicita allusione a Hollywood, i cui prodotti cominciano a essere importati anche nelle sale italiane; è il cinema inteso come pubblico, come «platea», come il luogo di ogni metamorfosi, ma in Penna questa scansione empirica non si dissocia dall’evento a cui si assiste. La sua percettività si atteggia modernamente, in senso onnicomprensivo: cinema è quanto accade in sala, tra schermo, platea, proiezione. Area circoscritta, recinto che in sé contiene e presenta l’illusione della realtà, il cinema nasconde una ben diversa capacità di mutamenti e trasfigurazioni.
Jacopo Galavotti, Università di Verona
«L’arte è una cosa ingenua»? Appunti sulla prosa di Penna
La maggior parte delle prose di Penna è raccolta nel volume Un po’ di febbre (1973). Si tratta di una raccolta eterogenea, fatta di testi di difficile definizione: «raccontini e foglietti sparsi», secondo l’autore. Si passa da prove narrative a pagine di ricordi, descrittive, elzeviristiche. Tutto è caratterizzato dalla quasi totale assenza di azione, da un clima di immobilità contemplativa, cui si sovrappone uno scavo nelle riflessioni dei personaggi, quasi sempre specchi o proiezioni, quando non propriamente autobiografiche, in una costante pendolarità tra prima e terza persona. Tra gli aspetti rilevanti da un punto di vista formale va osservata la cura del ritmo – non solo nella
presenza di versi nella prosa, in funzione introduttiva («Da qualche giorno aveva un po’ di febbre») o definitoria («Ma il cane è nulla senza il suo padrone»), né solo di passi ritmicamente scanditi, come le frequenti sequenze dattiliche (che possono ricordare la metrica di Pavese o la prosa di Silvio D’Arzo) – ma soprattutto nella sintassi tendente alla coordinazione e alla paratassi, spesso con frasi nominali, un uso abbondante della punteggiatura, a tratti al limite di una stenografia, ora gioiosa (dov’è al centro la vitalità dei ragazzi), ora nervosa (dove al centro è la riflessione della voce narrante). Nel mio intervento vorrei mettere a fuoco i tratti di stile della raccolta utili a una definizione critica della prosa di Penna, anche mettendoli a confronto con la lingua poetica e con le prose critiche, ora disponibili nella nuova edizione nei «Meridiani».
Francesco Guazzo, Scuola Galileiana, Università degli studi di Padova
Incisività della poesia penniana: percorsi grafici e sintattici
Nella poesia di Sandro Penna un ruolo centrale, anche se pur sottovalutato, trovano gli incisi, alle volte resi con un uso peculiare della punteggiatura o di specifici segni segni grafici, altre volte inseriti nei testi tramite frasi incidentali disgiuntive, spesso poste al termine degli stessi, creando così un notevole senso di straniamento nel lettore, che si trova a dover abbandonare le aspettative formate durante la lettura dei versi all’incontro di un finale capace di sconvolgere la linearità del pensiero e della visione testuale. L’intervento tenterà, dunque, di dare ragione del fenomeno, individuandone le forme e gli scopi, non senza tentare di analizzarne la presenza cronologica all’interno della produzione penniana. L’attenzione, infine, si concentrerà soprattutto sulle possibilità aperte dagli incisi nei testi di Penna, sulle intenzioni dell’autore al momento della creazione di meccanismi oppositori simili tra testo e testo, e soprattutto sulla possibilità interpretativa sensibilmente plurale evocata da tale uso della sintassi.
Livio Loi, University of Wollongong, University of New England
L’Orientalismo del mondo poetico di Sandro Penna
Importanza e originalità della poesia di Penna nell’ambito della letteratura novecentesca, vengono ormai riconosciute in patria e all’estero. Aspetti della poetica penniana privilegiati dalla critica sono appunto questa originalità, la sincerità della cifra erotica dell’opera, ma anche la sua dimensione atemporale – ‘timeless’– dimensione che, pur restando ancorata alla tradizione lirica da Petrarca a Leopardi, spazia dall’antica Grecia al Modernismo europeo. Penna sembra non mostrare, o magari nascondere artatamente, qualsiasi influenza esterna. Tuttavia, critici come Roberto Deidier, Peter Robb, William Riviere e Pierfranco Bruni, hanno identificato connessioni tra la poetica di Penna e la pratica della modernità e dell’innovazione letteraria novecentesca. Persiste un’esiguità di approfondimenti sugli autori che hanno influenzato lo stile penniano. Questo intervento propone un piccolo contributo a questa indagine, concentrandosi su somiglianze e connessioni tra l’opera penniana e movimenti quali l’Imagismo di Ezra Pound e i modelli stilistici dell’Haiku. Attraverso una breve analisi testuale delle poesie di Penna si evidenzierà il suo orientalismo e la sorprendente ‘affinità elettiva’ – non solo stilistica ma anche concettuale – con la poetica giapponese, aspetto, a mio parere, trattato marginalmente dalla critica Penniana o decisamente ignorato. L’obiettivo è quello di offrire una visione insolita dell’universo penniano a dimostrazione della complessità e atemporalità del suo mondo poetico.
Daniela Marcheschi, CLEPUL-FLUL, Universidade de Lisboa
Sandro Penna: forme e storia della poesia
Più volte la critica, in epoche diverse, intervenendo sull’opera di Sandro Penna, ha osservato quanto i suoi versi abbiano una grazia speciale e un sapore antico, magari per aggiungere che la poesia penniana appare o addirittura è, nella sua leggerezza, come senza tempo e fuori della storia. È oramai assodato, invece, come la poesia di Penna abbia una sua storia, che la fa essere tutt’altro che atemporale e lontana dall’indossare maschere. D’altronde, la poesia non si fa solo con la poesia, ma con tutto il resto, e mettere a confronto i versi di Penna con episodi ed eventi vari della cultura italiana del Novecento è un modo per illuminarne ulteriormente quel suo concreto radicamento.
Raniero Speelman, Universiteit Utrecht
Sandro Penna in Olanda: edizioni, versioni e traduttori
In Olanda la fama di Sandro Penna non è mai stata molto grande. Spetterà a Frans van Dooren, famoso traduttore di quasi tutti i principali poeti italiani, farlo conoscere al grande pubblico inserendolo in un’antologia di poesie tradotte. Ma non mancano edizioni bibliofile a bassissima tiratura di poesie di Penna (Heringa, Moormann, Vonck). L’antologia di poesie omoerotiche De beste jeugd (2014), a cura di Gandolfo Cascio, rappresenta la scelta più vasta di poesie del poeta perugino. Alcune traduzioni permettono un confronto tra di loro. Fu tradotto anche, da Willem Timmermans, Un po’ di febbre, uscito con il titolo Een beetje koorts nel 1989 presso una casa editrice specializzata in letteratura gay. A parte le versioni del fiammingo Vonck, il Belgio non pare essersi interessato molto dei testi di Penna.